Pericoloso legame fra carenza di udito e declino cognitivo
360 milioni di persone, di cui 7 in Italia, convivono con una diminuzione della capacità uditiva. Il numero è destinato a raddoppiare nei prossimi 30 anni
Non sentire bene costituisce un rischio per la salute cognitiva dell’individuo che, secondo numerosi studi, non curando il problema all’udito compromette anche le proprie capacità mentali, fino a vedere aumentato il rischio di declino cognitivo precoce, talvolta associato a demenza. Correre ai ripari diventa quindi ancora più importante e questa è anche una delle ragioni che hanno spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a istituire una giornata dell’udito, che si celebra ogni anno il 3 marzo, per sensibilizzare alla prevenzione della sordità e ai problemi di udito, promuovendo la salute dell’orecchio.
Secondo l’Oms, 360 milioni di persone nel mondo, di cui 7 in Italia, convivono con una diminuzione della capacità uditiva, ma il numero è destinato a raddoppiare nei prossimi trent’anni. Secondo i dati della National Health and Nutrition Examination Survey, negli Stati Uniti più della metà dei settantenni e oltre l’80% degli ottantenni ha una perdita di udito da lieve a moderata o peggio.
Ora due nuovi studi pubblicati di recente su una delle riviste Jama confermano l’associazione tra problemi di udito non trattati e un aumentato rischio di demenza, depressione, cadute e malattie cardiovascolari. Il primo, condotto alla John Hopkins su 154.414 adulti, mostra che problemi d’udito non trattati aumentano il rischio di sviluppare demenza del 50% e la depressione del 40% in soli cinque anni. Il secondo, sempre su una rivista Jama, associa l’ipoacusia a degenze in ospedale più lunghe, riospedalizzazioni e maggiori visite al pronto soccorso.
Nel 2017, uno studio presentato alla conferenza internazionale dell’Alzheimer’s Association a Londra e condotto su 72 partecipanti seguiti per quattro anni, aveva mostrato prestazioni peggiori degli ipoacusici in test cognitivi di valutazione della velocità con cui vengono elaborate le nuove informazioni e della flessibilità nel modo di pensare ma anche una probabilità triplicata di avere una diagnosi di declino cognitivo lieve, condizione che spesso evolve in Alzheimer. I ricercatori stanno indagando anche in che misura l’ipoacusia è causa di questo declino cognitivo e quanto sia invece il risultato di cambiamenti cerebrali legati alla demenza.